Quando si prova a riconoscere le costellazioni nella volta celeste, si resta sempre straniti dal fatto che la maggior parte di esse NON assomigli affatto a ciò che dovrebbe rappresentare.
Se infatti è facile riconoscere un carretto nel Grande Carro, uno scorpione nello Scorpione, ed immaginare il Dragone o un’Idra in linee contigue di stelle, diventa molto complicato definire i lineamenti di una Grande Orsa, della regina Cassiopea o di un Ercole Inginocchiato!
Eppure, in questo grande GIOCO di fantasia, c’è uno spicchio di cielo che rassomiglia a ciò che rappresenta in modo straordinario!
Nella parte più debole e meridionale della costellazione dell’AQUARIO infatti, gli astri visibili sotto un cielo molto scuro, sono tra loro TUTTI molto simili nella luminosità, TUTTI disposti a gruppi di tripletti stellari e le linee curve che disegnano TUTTI insieme, sembrano riprodurre l’esatto movimento di un UNICO flusso d’acqua versato da una sorgente celeste o da un eventuale aquario-coppiere posto più in alto!
Il caso vuole poi che le stelle poste più in alto sembrano disegnare esattamente la forma di una brocca rovesciata – con tanto di manisco – da cui quest’Acqua sembra provenire!
Un flusso infine racchiuso dalle due stelle più luminose dell’intera zona del cielo poste in basso.
Si direbbe che sia proprio da queste forme, così VICINE e SIMILI tra loro come in NESSUN’altra parte della volta celeste, che tragga origine l’intero immaginario mitologico di origine mesopotamico che ruota attorno a questo spicchio di cielo e che da il nome all’insieme di tutte le costellazioni accomunate dall’ACQUA che lo abitano: l’asterismo delle Acque Celesti!
É quest’Acqua Versata infatti che nel suo flusso occidentale, fa da casa al Pesce Australe e dove ha trovato riparo il dio Pan, che per sfuggire ai Titani, tramutata la parte posteriore del suo corpo in pesce, è divenuto il famoso Capricorno!
Ed è ancora questa sorgente, in particolare nel suo flusso orientale, il luogo in cui dimora il Mostro Marino degli oceani, la Balena, ed in cui hanno trovato riparo Afrodite ed Eros tramutati in Pesci per sfuggire anch’essi ai Titani insieme a Pan.
Un flusso cospicuo e continuo da cui viene fuori l’Eridano, il lungo Fiume mitologico identificato con il Po e che già tra i Sumeri, circa 4000 mila anni fa, sembrava la giusta spiegazione alla stagione delle grandi piogge che pareva iniziare esattamente quando il Sole, attraversando queste costellazioni, sembrava spalancare le cataratte del cielo!
Il rivolo perduto
Sotto un cielo buio i rivoli d’acqua disegnati da questi tripletti stellari diventano addirittuta 6 e si trovano tutti tra Diphda e Fomalhaut, che come due grossi argini, sembrano contenere in modo ordinato il flusso dell’Acqua Celeste.
Una tradizione araba definiva Fomalhaut “al-difdi al-awwal” e cioè “il Primo Rospo” perché precedeva di poco il secondo, rappresentato da β Ceti, ancora oggi chiamata Diphda, il “Secondo Rospo” appunto.
I due astri, levandosi poco dall’orizzonte erano paragonati a quell’animale che solo raramente viene fuori dal “fango” prima di tornare a nascondersi nuovamente sotto terra. Che siano rospi o che siano argini, la posizione di questi due luminosi astri, assieme a tutti gli altri più deboli, sembrano comunque disegnare un’unica immagine armoniosa.
Eppure, mentre 5 rivoli d’acqua appartengono ancora oggi ad un’unica costellazione, quella dell’Aquario, quello posto più ad Est appartiene oramai alla costellazione della Balena!
Nell’antichità non era così: già sfogliando le pagine di Tolomeo e di Al Sufi infatti, ci accorgiamo che i 6 rivoli appartenevano tutti all’Aquario, anche se quello posto più ad Est era considerato esterno all’immagine della costellazione!
Ma andando indietro nel tempo fino alle origini della Storia dell’Astronomia, le cose sono ancora più chiare! Leggendo infatti l’Isagoge di Geminos (77 a. C) e forse pure le parole di Arato, appare chiaro che questi zampilli di stelle costituivano TUTTI insieme addirittura una vera e propria costellazione a sé stante:
“Sotto Aquario altre stelle, con regola sparsa disposte, volteggiano fra il Mostro celeste ed il Pesce di noto, in mezzo, senza nome e deboli; ad esse vicine giù dalla mano destra del molto famoso Aquario come un piccolo flusso acquoso da entrambe le parti spruzzato, se ne vanno in giro taluni fiochi astri. Tra esse però corrono due, senz’altro ben più visibili […] tutte queste stelle le chiamano l’Acqua”.
Arato, I Fenomeni, 389-399.
Fu l’Almagesto di Tolomeo quindi a fissare la tradizione, assorbendo successivamente l’asterismo dell’ACQUA all’interno dei confini dell’Aquario come se fossero un’unica costellazione.
È davvero un peccato allora constatere che proprio quest’ACQUA Celeste, dalla forma così realisticamente riconoscibile e da cui tutte le costellazioni circostanti sembrano aver trovato origine, non solo sia stata “spezzata” e separata in due parti, ma che sia stata anche letteralmente assorbita in un’altra costellazione, facendo quasi perdere le sue tracce!
Al Sufi tramanda anche un’altra tradizione, secondo la quale il rivolo posto più ad Est, assieme agli altri tre e ai due astri giganti posti rispettivamente a prua e a poppa, disegnavano una lunga canoa celeste:
“Alcuni arabi riferiscono che a sud dell’Acquario si trova una nave; […] hanno quindi paragonato ad una nave le stelle situate sul retro del Pesce Australe, e quelle che si trovano nella parte meridionale della corrente d’acqua che sono questi tre gruppi di stelle che si somigliano tra loro e le tre esterne [oggi della Balena]”.
Al Sufi, Descriptions des étoiles fixes, traduzione letterale di Schjellerup, p.190.
Un’ulteriore prova insomma che l’insieme di questi astri quando osservati sotto il cielo stellato, vengono naturalmente interpretati dalla fantasia dell’uomo, come un’unica indivisibile immagine.
L’origine Mespotamica dell’Acqua
Secondo la mitologia greca, il dio Pan per sfuggire ai Titani si sarebbe rifugiato nel fiume Eufrate! Un dettaglio orientale che rivela l’origine Mesopotamica dell’immagine del Capricorno tramandata fino a noi.
In quel contesto infatti il pesce-capra era la rappresentazione artistica del dio che i Sumeri chiamavano Ea e definito dai Babilonesi Enki, una divinità immaginata anche nella volta celeste e da essi definite GU.LA “La Grande Stella”, “La Grande Costellazione”, o “La Costellazione del Gigante”, oggi identificata con le stelle della costellazione dell’Aquario.
Enki infatti era il dio della creazione e del regno dell’apsu, il mondo sotterraneo delle Acque dolci, per cui una capra col corpo da pesce sembrava sintetizzare al meglio le sue qualità divine.
Egli era inoltre rappresentato sotto l’apparenza di un uomo dalle cui spalle venivano fuori due flussi d’acqua – con tanto di pesci – che si dividevano alla sua destra e alla sua sinistra e che rappresentavano probabilmente il Tigri e l’Eufrate.
Secondo i miti mesopotamici Enki era spesso benevolo verso gli uomini fino a difenderli dai capricci degli altri dei. Ad esempio quando Enlin – il dio della terra – aveva deciso di sterminarli tutti per via della troppa confusione che essi facevano nel mondo, venendo meno al patto con gli altri dei, avrebbe infatti salvato un uomo con la sua donna, istruendolo su come e quando costruire una nave per sfuggire alle inondazioni che stavano per abbattersi sul mondo e suggerendogli di portare con sé una coppia di tutti gli animali.
Insomma la storia di un Noè mesopotamico salvatosi grazie all’aiuto di un dio buono e protagonista di quell’unica grande leggenda di un diluvio universale.
Quindi non solo il Capricorno, ma anche la stessa costellazione dell’Acquario rappresenterebbe questo dio mentre versa la sua Acqua. Immagine che la tradizione greca ha poi tramutato in Ganimede, il giovane uomo portato nel cielo da Zeus per fare da coppiere agli dei, oppure in Decaulione, l’uomo che secondo il mito greco, sarebbe sopravvissuto al diluvio con l’aiuto di Zeus.
Le Acque Celesti e i nomi delle stelle
Dell’asterismo delle Acque Celesti troviamo traccia anche nei nomi delle stelle!
Le stelle α e δ della costellazione del Capricorno, si chiamano ancora oggi Algiedi e Deneb Algiedi rispettivamente, che dall’arabo significano appunto “Capra” e “Coda della Capra”.
Le stelle γ e α Gruis che pur appartenendo oramai alla costellazione della Gru, portano rispettivamente il nome arabo al-Dhanab, “la Coda” ed al-Nayyir” la Brillante” ( … della coda del pesce), perché assieme a poche altri astri del Microscopio e della Gru, disegnavano appunto l’estremità del Pesce Australe.
Sempre in questa costellazione c’è Fomalhaut, la famosa “Bocca del pesce” che sembra raccogliere dentro sé l’acqua versata dall’alto.
Ma il riferimento più diretto all’antica costellazione dell’Acqua, è presente nel nome della stella λ Aquarii, conosciuta come Hydor o Ekkhysis, parole che nel greco classico rievocano proprio la storia mitologica appena raccontata: significano infatti “acqua” ed “effusione” rispettivamente!
Ora passiamo ai COLORI …
In questo vasto spicchio di cielo gli astri davvero luminosi sono solamente due, eppure essi sembrano collocati armonicamente all’interno delle Acque Versate, accogliendone e contenendone il flusso come due grossi argini:
- la BIANCASTRA Fomalhaut e
- la RANCIATA Diphda al centro dell’intero asterismo!
La maggior parte degli astri più brillanti si trova ad Est delle Acque celesti, dove una lunga carovana di stelle dalle comuni sfumature giallastre e dalle magnitudini simili, sembra attraversare la Balena e gran parte dell’Eridano da Ovest ad Est, delimitata a Nord e a Sud dalle giallissime Menkar e Zaurak rispettivamente!
Da una visione d’insieme dell’intero ciclo delle Acque Celesti che conta 153 astri quasi tutti entro la magnitudine +5, si evince che:
- il numero di quelli RANCIATI è circa un quinto del totale;
- che il numero di quelli AZZURRI è praticamente uguale a quelli di colore GIALLO,
- e che la maggior parte degli astri più brillanti sono comunque di colore giallastro/ranciato:
per cui, poeticamente si potrebbe affermare che questo immenso ACQUARIO MITOLOGICO, disseminato da deboli schizzi di colore azzurro, giallo, arancione e dall’inconfondibile
- ROSSO intenso di 19 Piscium,
è disegnato sulla volta celeste da molte pennellate di colore azzurro e da pochissime di colore bianco, disperse qua e là tra quelle gialle e ranciate, più grosse e di numero maggiore, che nel loro insieme ricordano una ricca barriera corallina abitata da esseri leggendari e mitologici.
Immagini scattate a stelle messe FUORI FUOCO,
con uno smartphone all’oculare di un dobson da 18″
a 285 ingrandimenti.
Qui la pagina dedicata alle Costellazioni a colori.
Cieli colorati!!!