Ma cosa sono quelle MACCHIE SCURE visibili nella faccia della Luna???
Sono in pochi oggi quelli che si pongono questa domanda, contrariamente a quanto accadeva nell’antichità, quando pur essendo impossibile arrivare alla soluzione, le diverse e disparate spiegazioni che se ne davano, erano sentite a tal punto da entrare a far parte non solo di vecchi PROVERBI e FILASTROCCHE per bambini ma anche nei versi di Shaekspeare e della DIVINA Commedia!
Ma ditemi, che son li segni bui di questo corpo, che laggiù in terra fan di Cain favoleggiare altrui? II,49
Chiedeva Dante a Beatrice, una volta entrato nel Cielo della Luna.
Domanda a cui già 10 secoli prima, Plutarco nel suo De facie lunae, rispondeva immaginandole come grandi distese di acqua:
“quanto a questo suo volto che ci appare, come la nostra terra ha certi grandi golfi, così quella è aperta in grandi profondità e fratture che contengono acqua, oppure aria torbida; dentro queste la luce non discende e nemmeno le sfiora, ma invia quaggiù una rflessione discontinua”.
Lo stesso facevano Anassagora, Democrito, Filolao ed infatti ancora oggi quelle macchie ereditano il nome di MARI. Probabilmente era della stessa idea anche Socrate, almeno da quanto si deduce dal mito della terra-vera che nel Fedone, Platone pone sulle sue labbra!
Platone trovava la soluzione considerando la Luna composta in parte di terra – le zone scure – ed in parte dal materiale delle stelle – zone chiare -; Averroè invece le considerava frutto della differente densità della superficie lunare.
Quest’ultima era l’ipotesi sostenuta anche da Dante prima di essere “corretto” da Beatrice, con una spiegazione tutta metafisica secondo cui la causa delle macchie lunari non poteva essere racchiusa esclusivamente in una questione di densità! Sarebbe un po’ come accade con le stelle: appartengono tutte alla perfezione del cielo, partecipano tutte delle stesse qualità angeliche a loro trasmesse dal Primo Mobile, eppure appaiono tra loro diverse nella luminosità! La diversità dipenderebbe infatti dal diverso modo in cui tali qualità si legano alle materie celesti o terrestri e non semplicemente dalla materia delle cose in sé; e quindi sarebbe riscontrabile oltre che tra le cose anche nelle cose stesse, proprio come accade con le macchie visibili nella faccia della Luna!
Altre soluzioni erano ancora più “fantasiose”: c’era chi le considerava come zone in cui, rispetto alle parti chiare, la luce solare non era per niente riflessa; oppure chi, considerando la Luna composta da strati di materia con diversa densità, faceva delle macchie visibili sul suo volto il risultato delle riflessioni interne dei raggi solari.
C’era chi, “staccandole” dalla superficie lunare, le identificava con nuvole lunari, caliginose ed oscure, come faceva Eraclide; o chi le considerava ombre di corpi posti tra la Luna e la Terra!
Altri ancora le “rimandavano” fino alla Terra, identificandole con l’ombra del nostro pianeta: Clearco e Agesianatte ad esempio, identificandole con il riflesso dell’oceano o di altre parti della Terra più alte, facevano della Luna piena
“il più bello e il più puro di tutti gli specchi per lucentezza ed uniformità”.
Plutarco, de facie.
e Aristotele, pensandola liscia e perfetta, pur di salvarla da difetti troppo terrestri, le considerava ombre delle nostre montagne!
C’era poi chi, basandosi su un’antica concezione stoica che immaginava gli astri capaci di “nutrirsi” di umidità ed esalazioni terrestri, le considerava un mero effetto transitorio:
“Senza dubbio alcuno, le stelle si cibano di umidità terrestre, dato che la luna, quando è a metà, non si vede mai macchiata, perché la sua forza normale non ancora le consente di attingere qualcosa di più; le macchie infatti non sono altro che impurità di terra aspirate insieme all’umidità“.
Plinio il Vecchio, Storia Naturale II,6.
E come faceva Senofane, che considerando tutti i corpi celesti fatti di nuvole, definiva la Luna una nuvola condensata, identificava le macchie con zone più scure. Ed infine chi arrivava anche a negarne l’esistenza, considerandole una mera suggestione ottica causata dai difetti della vista umana incapace a sostenere l’alta luminosità lunare.
Leonardo, che fu tanto bravo da riuscire ad occhio nudo a notare anche le macchie più piccole, le considerava come immense distese di mari, laghi e paludi, che assorbendo parte della luce solare ricevuta, apparivano più scure;
Ed il fisico olandese Hartsoeker nel XVII secolo, ancora le interpretava come zone ombrose ricoperte di boschi e foreste.
Argomentare sulle origini di tali macchie a chiunque visibili e dalla natura così oscura, era insomma un campo troppo ghiotto per la natura dell’uomo antico e medievale, che carico di superstizione e fatalismo com’era, notandole nella Luna, smussantone i contorni, con la sua FANTASIA non poté fare a meno di unirle tra loro fino a rintracciare in esse forme ed immagini: un po’ come è avvenuto con le costellazioni iinsomma, quelle che erano semplici chiazze sulla FACCIA della LUNA hanno ai suoi occhi assunto pian piano sembianze di VOLTI e di ANIMALI tratti dal suo vissuto, che intrecciati con leggende, aneddoti, religione e mito, sono in qualche modo diventate vive, cariche di storia e protagoniste di fatti tramandati fino ai nostri giorni!
E così, secondo un mito azteco, quando ancora non esisteva il giorno, gli dèi, intenti a creare il Sole e la Luna, scelsero due divinità che con coraggio saltassero nel fuoco per diventare sfere luminose! Tecuciztecal impaurito, inizialmente si ritrasse; Nanauatzin invece si tuffò senza esitare, e solo allora fu seguito dal compagno. Entrambi divennero sfere luminose ma per differenziare il coraggio del secondo e per farlo sapere anche gli uomini, uno degli dèi scagliò addosso al primo il coniglio che sarebbe ancora oggi visibile sulla superficie lunare.
O ancora:
Anche nella tradizione orientale le macchie visibili nella Luna sarebbero un coniglio, finito lì perché divenuto simbolo estremo di carità e sacrificio: secondo una favola buddista, nel giorno dedicato a tali virtù, una scimmia, una lontra, uno sciacallo ed un coniglio incontrato un vecchio viandante sfinito dalla fame, si misero alla ricerca di cibo per sfamarlo. Il coniglio però riuscendo a trovare solamente fili d’erba, decise di gettarsi nel fuoco per offrire se stesso pur di nutrirlo. Commosso dall’eroico gesto, la dea Śakra che si nascondeva dietro le sembianze del viandante, disegnò la sua immagine nella Luna perché fosse da tutti ricordato.
Alcune varianti vedono questo coniglio con un pestello ed un mortaio tra le zampe intento a preparare un elisir d’immortalità o semplicemente una torta di riso.
Questa favola è ancora oggi molto sentita nelle tradizioni orientali, come dimostrano la cosiddetta Festa della Luna e i tanti riferimenti presenti nei cartoni animati come Sailor Moon, Lamù e Dragon Ball!
In Italia fu riproposta da Angelo Branduardi nel 1977 con una canzone: La Lepre nella Luna.
Sempre in Oriente un’altra variante tramandata dal Panchatrata, il più antico testo di fisbe indiane, parla di un coraggioso coniglio che per difendere la sua colonia da un branco di pachidermi in cerca di acqua, non esitò a parlare col re degli elefanti e a presentarsi a lui come il Coniglio che sta nella Luna!
La lepre intelligente con il re degli elefanti alla sorgente della luna, foglio del Kalilah wa Dimnah (MET, 1981.373.67). Wikipedia.common
Il GROSSO animale, prese sul serio le parole del PICCOLO con le orecchie lunghe solo quando, intento ad abbeverarsi al Lago della Luna vide che la Luna riflessa nell’acqua cominciava ad oscillare quasi a confermare le parole del coniglietto (aveva solo mosso l’acqua con la proboscide).
Biblioteca Bodleiana MS. Pococke 400, p.99a.
In questo modo l’ASTUTO coniglio riuscì a convincere il gigante re a lasciare quella zona per un’altra, mettendo così in salvo la sua colonia dalle possenti zampe del branco di elefanti.
Bella storia, vero? Eppure è curioso notare che anche il Re elefante avrebbe potuto dire di essere l’ …
Nel Vecchio Continente le leggende nate intorno alle MACCHIE della Luna sono tra loro interconnesse e solitamente legate alla tradizione religiosa: i temi principali sono il Volto e l’Uomo nella Luna!
Una di esse è riportata proprio nella domanda di Dante a Beatrice: l’Uomo o il Volto visibile nella faccia della Luna sarebbe per molti Caino, figlio di Adamo, esiliato da Dio fin sopra la Luna per l’uccisione del fratello Abele e condannato a portare eteramente sulle spalle il fascio di spine col quale preparò il sacrificio, che secondo la Bibbia, Dio stesso non avrebbe gradito.
Leggenda così comune da diventare anche una filastrocca:
“Vedo la Luna, vedo la stella
è Caino che fa le fritelle.
Vedo il lupo incatenato
che ha mangiato il mio castrato”
e così popolare da essere tramandata con numerose varianti: altrove ad esempio nella Luna c’era quell’uomo lapidato dal popolo d’Israele perché scoperto, come si legge nella Bibbia (Nm 15,32-36) a prendere legna nel giorno sacro a Dio, il sabato.
Giorno che nei racconti di tradizione cristiana diventa ovviamente la domenica.
In Germania si narrava infatti di un uomo e di una donna nella Luna lì imprigionati per non aver rispettato il precetto: l’uno avrebbe sparso rovi e spine sul sentiero che conduceva alla chiesa, in modo da impedire alle persone ad andare a messa; e l’altra avrebbe fatto il burro invece di andare a pregare! Ed ora, sarebbero lì, lui col suo fascio di spine e lei con la sua vasca di burro, come monito per tutti.
In altre varianti sempre di carattere religioso, abbandonato ogni aspetto negativo, quelle visibili nella faccia Luna diventano figure importanti da cui trarre esempio! E così, l’Uomo con il carico di rovi diventa Isacco, figlio di Abramo che come la Bibbia racconta, carico di legna assieme a suo padre andava incontro al suo sacrificio; mentre il Volto nella Luna per la tradizione aggadica diventa Giacobbe e per quella cristiana Maria Maddalena in lacrime.
In altre varianti negative e più profane, l’Uomo nella Luna era Marcolfo o Marcoffo.
Il nome appare in un’anonima novella popolare nel XV secolo ma risalente almeno al V secolo – il Dialogus Salomonis et Marcolphi – in cui il brutto ed astuto contadino, giunto alla corte del Re Salomone, dopo aver contrapposto alla sacra genealogia biblica la propria e quella dai facili costumi della moglie, finisce scioccamente col disputare con lui, contrapponendo alla rinomata saggezza del re la sua presunta “sapienza” popolare e contadina, ricca di giochi di parole volgari e priva di qualunque insegnamento.
Abbandonando definitivamente ogni legame biblico, ma conservando l’assurda stoltezza che contraddistingueva quel personaggio, la leggeda di Marcoffo era ed è conosciuta in molte parti d’Italia secondo numerose varianti. Quella molisana fu riportata da F. Montuori:
Altre varianti sostituiscono i rovi con una lanterna, un falcetto o con un cane, come si legge ad esempio tra i versi delle opere di Shakespeare:
e ciò che veniva rubato poteva essere legna, rami di salice, un fascio di cavoli dal giardino del vicino, oppure qualche pecora …attirata con cavoli.
Alcune di queste varianti di origine italiana furono raccolte da Stanistao Prato nel seguente articoletto:
Nel mantovano invece si raccontava che l’uomo imprigionato nella Luna così da impedigli di derubare i contadini, fosse un folleto di nome Silvàn!
Ad Andria, Verona e zone limitrofe, è ricordato sotto il nome di Salvanèllo e la storia è sempre quella di un ladro col suo bottino, col suo fascio sulle spalle ed altre innumerevoli varianti, esiliato sulla Luna.
Di lui resta traccia nel proverbio:
“Te camini come Salvanèlo su la Luna
ch’el g’ha la fassina a spale”
“Cammini come Salvanello sulla Luna
che ha un fascio di legna sulle spalle”.
Di Silvan invece è ancora oggi possibile trovare traccia sui portoni lignei della cittadina di Pomponesco, come riscoperto recentemente da Roberto Roda!
Insomma, la tradizione dell’Uomo nella Luna che sia Caino, Silvàn, Marcoffo, Salvanello o qualunque altro personaggio anonimo lì imprigionato per le sue nefandezze, era così diffusa che oltre all’alto numero di citazioni nelle opere letterarie europee …
ha lasciato varie tracce di natura artistica, come ad esempio il sigillo di un certo Walter Grendon, posto su un contratto privato risalente al 1335, dove un uomo nella luna, sotto le stelle, con un carico sulle spalle ed in compagnia del suo cane, dice in rima: “Cur spinas Phebo gero/te Waltere docebo”
“t’insegnerò, Walter, perché sto portando spine sulla Luna”;
nome di Artemide associato alla Luna).
ed ancora come l’affresco del XV secolo visibile nella volta della Chiesa di San Benedetto in Gyffin, in Galles, dove la Luna che appare assieme a Sole e alle stelle per simboleggiare il regno del cielo, è rappresentata con un uomo al suo interno!
Altre tracce sono evidenti nel linguaggio comune, come ad esempio nell’espressione proverbiale che ancora si sente nella penisola sorrentina:
“Me pare Marcoffo int’a Luna”
per indicare una persona sciocca ed ingenuamente prevedibile, proprio come si rivelò Marcoffo dinanzi a Salomone.
Essendo la Luna visibile in ogni parte del mondo, il numero delle leggende nate attorno alle macchie visibili nella sua FACCIA potrebbe corrispondere praticamente al numero dei popoli vissuti sulla FACCIA della Terra; per cui enumerarle e raccoglierle TUTTE sarebbe davvero impossible!
Nel 1885 tuttavia il reverendo Timothy Harley provò a farlo nel suo Moon Lore, testo oggi completamente e gratuitamente leggibile qui!
Lì è riportato anche mito Eschimese secondo il quale la Luna con le sue macchie nere personificava il volto di una donna scappata da un violento stregone, suo marito e fratello, che prima di rivelarsi crudele fino a bruciarle il volto, si mostrava sempre gentile perché “innamorato” di lei …
una storia – potremmo dire – che appare ancora oggi molto attuale!
Nel libro però manca la più bella tra le pareidolie lunari perché scoperta da Filippo Zamboni solamete alcuni anni prima. Egli, ispirato dalla bellezza del luogo in cui si trovava e cioè il terrazzo della villa di Capodimonte che affaccia direttamente sulla città di Parthenope, notò – per CASO – il famoso Bacio nella Luna!
In omaggio al poeta triestino e a sua moglie per il 140esimo della scoperta avvenuta a Napoli, ecco una mia reinterpretazione di quel bacio in cui l’incontro tra le labbra di Luno e Luna viene ambientato proprio lì, con alle spalle la Luna piena che sorge non lontana dal Vesuvio!
Insomma: a guardarla bene la FACCIA della LUNA sembra proprio lo schermo di una TV! Sa trasmettere documentari, film, serie televisive e approfondimenti storici, di carattere LEGGERO o più FORTE.
E la cosa più bella è che per cambiare canale NON serve né un TELE…comando, né un TELE…scopio perché basta guardarla con gli occhi della fantasia!
Tantissimi sono gli ATTORI che sono passati e che continuano a passare su questo eterno schermo visibile a tutti: il VOLTO di uomini e donne, un ROSPO, un ELEFANTE, un TOPOLINO, CANI, GATTI ed tanti altri animali!
Personaggi che attraverso queste semplici GIF sembrano prendere VITA direttamente dalle macchie visibili nella FACCIA della LUNA, proprio come accadeva nei secoli passati nella fantasia dell’uomo antico e moderno.
Ecco allora una foto con cui poter GIOCARE con la FACCIA della LUNA!
Potremo disegnarci direttamente sopra oppure ricalcare i contorni su un foglio bianco appoggiando la luna alla finestra! In ogni caso sarà meglio cercare FIGURE grandi, con pochi dettagli e seguire i lineamenti più evidenti, così da poterle rintracciare ad ogni Luna piena già ad OCCHIO NUDO o al BINOCOLO!
Ad ogni Luna piena perché pur ruotando la Luna ci mostra sempre la stessa faccia; ciò che cambia è solo l’inclinazione del suo volto, perché mentre ruota su se stessa, anche NOI, a bordo del nostro Pianeta, ruotiamo velocemente su noi stessi; per cui dal sorgere al tramonto, la sua faccia sembrerà ruotare rispetto all’orizzonte di molti gradi!
Il fenomeno è quindi verificabile in UNA sola notte e DISEGNANDO sulla sua faccia sarà sicuramente semplice farlo notare anche ai più piccoli!
A causa di questa rotazione, ci sono figure riconoscibili solo nella Luna che sorge …come il CONIGLIO lunare; altre rintracciabili solo in quella che tramonta … come l’UOMO nella Luna, CAINO, MARCOFFO; ed altre riconoscibili solo se la guardassimo a testa in giù, cioè solo se fossimo nell’Emisfero Australe!
Alcune figure qui visibili sono originalissime, perché trovate da me solo recentemente!
Tra esse appare quella di un RANOCCHIO visibile nelle zone chiare della Luna e che come potreste facilmente constatare, è riconoscibile fissando la Luna già solo ad OCCHIO NUDO!
Questo non è un dettaglio da poco, se consideriamo che nell’antichità l’occhio umano era l’UNICO strumento con cui si osservava il cielo!
Ed infatti è stato davvero una SORPRESA per me una volta trovato, venire a sapere che già in Giappone ed in Nord America si tramandavano leggende di una Rospa nella Luna:
in Oriente era una donna scappata fino a lì dopo aver bevuto una bevanda d’immortalità e dove sarebbe stata trasformata in un rospo; in Occidente invece era una vera rospa saltata lassù per sfuggire alle lusinghe di un lupo troppo insistente!
Chissà che in quei luoghi e in quei tempi lontani non se la immaginassero proprio così!
E VOI invece: che cosa vedete?
Può sembrare un GIOCO per bambini, eppure le macchie visibili nella Luna già due millenni fa, suggerirono a Plutarco che la Luna fosse proprio COME la Terra; e nel XIX secolo all’astronomo Vincenzo Cerulli, che i Canali visti da Schiaparelli su Marte fossero solo frutto di una PAREIDOLIA, proprio come accade con le MACCHIE della Luna.
Proprio sulla scorta di questo fenomeno ottico, il grande astronomo francese Camille FLAMMARION invitò tutti i lettori della rivista mensile L’Astronomie a rappresentare in un disegno proprio ciò che ad ognuno sembrava di vedere nella faccia della Luna.
E tutte le immagini che ricevette, talvolta anche STRANISSIME furono da lui descritte e pubblicate nel numero di quella rivista dell’anno 1900.
Insomma: un GIOCO sì, ma carico di STORIA!
E che assume ancora più valore quando veniamo a sapere che esistono FIGURE nella LUNA tramandate da secoli! STORIE e TRADIZIONI che mi sono divertito a ripercorrere a grandi linee nelle parole qui riportate e a ricostruirle con semplici GIF!!
Conosciute queste ETERNE tradizioni, tocca ORA alla NOSTRA fantasia cercare NUOVE immagini, palcoscenici e PROTAGONISTI di NUOVE STORIE che noi stessi possiamo inventare!
Cieli colorati!!
Bibliografia
Plutarco, de facie quae in orbe lunae apparet.
Stanislao Prato, Caino e le Spine,
secondo Dante e la tradizione,
in “Preludio, Rivista di lettere, scienza ed arti”,
anno V, n. 2,30 Gennaio 1881.
Timothy Harley, Moon lore, 1885.
Elliot R. Wolfson, The Face of Jacob in the Moon:
Mystical Transformations of an Aggadic Myth,
in The seductiveness of Jewish Myth, 1997.
Roberto Roda, Pomponesco, Silvàn sulla Luna,
Una leggenda dimenticata sulla porta,
Racconti ritrovati del Po1, Ferrara 1999.
Alfonso Cardamone, Tracce di Luna,
Mitologie lunari tra oralità e scrittura, 2006.
Pietro Greco, L’astro narrante: la Luna
nella scienza e nella letteratura italiana, 2010.
Pierluigi Donini, Il volto della Luna:
scienza e mito in Plutarco di Cheronea,
in Rivista di Storia della Filosofia
Vol. 65, No. 3 (2010).